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Europei Under 21 – Under Pressure: Gli Azzurrini si giocano tutto con l’Inghilterra

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2259790_w2“La pressione ti schiaccia – cantavano saggiamente Freddie Mercury e David Bowie in Under Pressure – nessun uomo chiederebbe di ritrovarsi sotto una pressione che farebbe crollare un palazzo, spaccherebbe in due una famiglia, farebbe riversare la gente in strada”.

 

Eppure, se andiamo a guardare la situazione di classifica in cui si trova la nostra Under 21, prima di affrontare i pari-età inglesi, capiamo che non ci si può sentire in maniera differente che: Sotto Pressione.

Nell’Europeo, gli Azzurrini arrivano al match decisivo del Gruppo B dopo aver dilapidato un successo certo contro la Svezia, e dominato ‘sterilmente’ il Portogallo. La miseria di un punto ed un gol in due partite spinge, dunque, il c.t. Di Biagio ad abbandonare il prudente 4-4-2 con cui ha approcciato i precedenti incontri, ed optare per un più offensivo – e consueto – 4-3-3.

Ancora senza Sturaro (squalificato), la nostra nazionale dovrebbe scendere in campo così ad Olomuc (20:45):

Italia (4-3-3): Bardi; Zappacosta, Rugani, Romagnoli, Biraghi; Cataldi, Crisetig, Benassi; Belotti, Berardi, Bernardeschi. A disp: Leali, Sportiello, Barba, Baselli, Battocchio, Bianchetti, Sabelli, Sportiello, Trotta, Verdi, Viviani. Ct: Di Biagio

Vincere è indispensabile, ma potrebbe comunque non bastare. Con un pari nell’altra partita del girone, infatti, Portogallo e Svezia si assicurerebbero il passaggio ‘a braccetto’ alle semifinali. L’ombra del ‘biscotto’, quando ci sono gli svedesi di mezzo, è sempre in agguato (vedi Euro 2004, guarda caso in Portogallo). Anche se poi, il Fair Play e la Buona Fede sono cardini imprescindibili nel mondo del calcio e non solo.

Intanto il Girone A ha emesso ieri le proprie sentenze: A sorpresa la testa della classifica se l’è accaparrata la Danimarca battendo agevolmente la Serbia; mentre la Germania – favorita d’obbligo – non è andata oltre il pari contro i padroni di casa della Repubblica Ceca, i tedeschi passano comunque come secondi.

“L’amore – per la maglia, ed un posto a Rio 2016 (aggiungiamo noi) – ci sfida a cambiare, a prenderci cura di noi stessi. Questo è il nostro ultimo ballo. Questo è il nostro ultimo ballo. Sotto pressione”.

Queen & Bowie 1981  


Copa América – Brasile fuori! In ogni caso il trofeo parlerà argentino

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ImmagineIl Brasile saluta la Copa. La nazionale di Dunga è stata estromessa dal torneo per mano del Paraguay: ancora fatali ai Verdeoro i calci di rigore contro l’Albirroja. Quattro anni fa’ furono addirittura 4 su 5 gli errori dagli 11 metri, ieri invece, decisivi sono stati i tiri falliti da E. Ribeiro e D. Costa. Mattatore il 21enne Derlis Gonzalez: La talentuosa ala – di proprietà del Basilea – ha prima agguantato il pari nella ripresa (sempre su rigore), e poi ha realizzato il penalty della vittoria.

STATI D’ANIMO – Una sconfitta, quella della Seleçao, che getta un intero movimento calcistico nello sconforto. Ciò che più salta all’occhio, rivedendo le ultime prestazioni dei brasiliani, è il senso di incompiutezza che avvolge la compagine carioca da ormai un paio d’anni. Più precisamente da quando la squadra, allora allenata da Scolari, illuse un popolo – e il globo intero – schiantando 3-0 i Campioni d’Europa e del Mondo in carica della Spagna nella finale di Confederations Cup. La sensazione, quando il gioco si fa duro, è che l’aura magica che avvolge i ‘Pentacampeones’ improvvisamente si spegne, facendo smettere ai brasiliani i panni dei marziani, per indossare tutti i peggiori difetti che caratterizzano i terrestri. Deconcentrazione, mancanza di obiettivi, inconcludenza, disorganizzazione, assenza di leadership: sono solo alcuni dei ‘fantasmi’ che sembrano attanagliare i giocatori carioca. Il rosso a Neymar ed il fallo di mano di Thiago Silva dipingono perfettamente il momento attuale in cui verte il Brasile calcistico. Senza stelle che indichino la retta via – come in passato facevano i vari Ronaldo, Romario, Rivaldo, Cafù o Kakà – il discreto collettivo che ha preso parte alla spedizione cilena è parso smarrito. Altro tema sicuramente da approfondire è l’incapacità di esprimere un vero bomber di razza utile a trasformare in gol la mole di gioco prodotta; la rete illusoria di Robinho al Paraguay è stato, più che altro, un lieve amarcord di quello che poteva essere; la dura realtà è che i brasiliani segnano poco (5 gol in 5 gare) e concedono molto (4 reti) contro avversari non proprio irresistibili.

COMUNQUE VADA SARÀ UN SUCCESSO (ARGENTINO) – La vittoria della squadra di Ramòn Diaz, oltre a certificare la straordinaria tenacia del collettivo paraguaiano, ha sottolineato l’incredibile superiorità della ‘scuola di selezionatori argentini’ rispetto ai collegi dell’intero continente. È vero, sulle dodici squadre partecipanti quasi la metà (cinque) erano guidate da c.t. argentini; era perciò facile aspettarsi più di qualcuno nelle fasi finale della Copa; ma un en plein del genere, francamente, non era pensabile. Nel quadro delle semifinali, alla Colombia dell’argentino Pekerman, ci sono da aggiungere le assenze illustri dell’Uruguay del ‘guru’ Tabarez e del Brasile del quotatissimo Dunga. Con merito, si sfideranno quindi per la finale: da un lato ‘El Loco’ Sampaoli – degno erede di Bielsa con il Cile – ed ‘El Tigre’ Gareca – carismatico leader del Perù; mentre dall’altro ‘El Tata’ Martino – ossessionato della ricerca dell’equilibrio giusto per la sua Argentina – se la vedrà appunto contro ‘El Pelado’ Diaz – implacabile goleador negli anni ’80 che ha trasmesso al Paraguay il suo cinismo –.

Domani e martedì avranno luogo le semifinali. Sabato 4 luglio ci sarà la finalissima di Santiago. Messi o non Messi, comunque vada, sarà almeno un argentino a sollevare la tanto ambita Copa América 2015.

Europeo Under 21 – La Svezia ‘piega’ il Portogallo e aumenta i rimpianti Azzurri

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2262669_w2La vittoria che non ti aspetti. Partita dal Girone B – quello degli Azzurrini – come comparsa, la Svezia ha conquistato l’Europeo Under 21 al termine di un’equilibrata finale con il Portogallo. Lo 0-0 di partenza ha retto per tutti e 120′ i minuti di gioco, tra il palleggio cadenzato dei lusitani e le ripartenze micidiali degli scandinavi.

Ci sono voluti, quindi, i calci di rigore per assegnare il trofeo, e qui, gli svedesi si sono confermati implacabili, piegando la tenace resistenza del portiere portoghese José Sà (senza dubbio il migliore della competizione nel suo ruolo).

FINALE THRILLING – Una gioia grandissima per Guidetti&Co., resa ancora più bella in quanto, appunto, inaspettata. Versa lacrime amare il Portogallo invece, tradito dal dischetto da un altro dei suoi talenti che maggiormente si erano messi in mostra in Repubblica Ceca: William Carvalho, mediano dello Sporting Lisbona, finito nel mirino dell’Arsenal. La squadra di Rui Jorge, capace di liquidare 5-0 la favoritissima Germania in semifinale, ha avuto due grandi demeriti: 1) Non concretizzare la superiorità netta concessa dall’approccio prudente degli avversari in finale; 2) Essersi trascinati nella seconda fase i propri ‘carnefici; come una vittima che spalanca la porta all’assassino, il pari nella partita finale del Gruppo B ha, di fatto, qualificato la Svezia ed eliminato l’Italia.

CAPITOLO AZZURRO – Visto l’andamento del torneo e l’epilogo di Praga non possono che aumentare i rimpianti per i nostri ragazzi. È vero, la Svezia è l’unica nazionale che ci ha battuti nella prima fase, ma né i gialloblù, né i rossoverdi, sono parsi superiori a noi. Con cinque successi in venti edizioni rimaniamo saldamente in testa all’Albo d’oro continentale, la squadra di Ericson affianca Francia, Repubblica Ceca, Germania e Jugoslavia ad uno. Nonostante il risultato tutt’altro che esaltante, e il sogno olimpico sfumato, la Federazione dovrebbe confermare il c.t. Gigi Di Biagio, decisivo a proposito il giudizio di Conte: “Antonio è il responsabile di tutte le nazionali – ha dichiarato Carlo Tavecchio – dovremmo sentire prima lui e poi decidere”.

Juventus – Il centrocampo cambia padrone: Marchisio rinnova, Pirlo saluta

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collageIn casa-Juve, questo caldo 6 luglio 2015, verrà ricordato come il giorno del ‘passaggio di testimone’ tra due campioni che ne hanno scritto la recente – e vincente – storia calcistica. Infatti, mentre Claudio Marchisio mette nero su bianco la sua permanenza a Torino, dagli States – dove fino a ieri era ufficialmente in vacanza – Andrea Pirlo saluta e pronuncia le sue prime parole da giocatore del New York City.

COLONNA – Ventinove anni di età, ventidue dei quali vissuti con la casacca bianconera addosso: Quello tra la Juventus e Marchisio può essere tranquillamente etichettato come legame inossidabile. Una luna di miele perenne che, come in tutte le storie d’amore che si rispettano, ha visto sì giorni brutti (tipo quelli passati in B), ma soprattutto gioie immense (vedi Scudetti in serie e un triplete appena sfiorato). Nel 2018 la Vecchia Signora e il suo Principino dagli occhi azzurri festeggeranno le nozze d’argento. Tutto merito del contratto che legherà la maglietta a strisce più amata e odiata – calcisticamente parlando – dagli italiani al suo numero 8 per i prossimi cinque anni. “Per me è un giorno bellissimo, come lo è stato il primo allenamento nel 1993”. Sta tutta qua la juventinità che il centrocampista piemontese concentra in sé. Un senso di appartenenza così grande e profondo, da infondere in ogni nuovo arrivato: “Ogni anno resettiamo tutto e ricominciamo. Ma siamo davvero convinti di potercela giocare con tutti”. Una chiosa sul compagno di squadra che, nello stesso giorno, saluta l’universo-Juve: “È stato un onore giocare con Pirlo ed aver potuto imparare da lui”.

SALUTI – Si possono sintetizzare quattro anni così intensi e ricchi di successi in 140 caratteri? Se ti chiami Andrea Pirlo certo che si! Il regista bresciano non è mai stato un tipo loquacissimo, alle parole ha sempre preferito i fatti. I calciatori dovrebbero, in ogni occasione, ragionare con la testa e parlare con i piedi: sta tutto qua il Pirlo-pensiero. “Grazie di cuore a tutti voi – ci ha tenuto a scrivere il numero 21 per eccellenza –. Non è stato semplice decidere, ma è arrivato il momento di iniziare una nuova avventura, che però – prosegue il comunicato – non mi farà mai dimenticare il legame che ho con questi colori. Fino alla fine forza Juventus”.

LAVORI IN CORSO – Per chiudere segnaliamo: i rinnovi in vista di Allegri e Bonucci; le parole di Agnelli che blindano – parzialmente – Pogba: “Paul incedibile? Nel calcio niente di assoluto!”; l’addio di Storari: “La Juventus resta la mia casa”; e infine le notizie poco rassicuranti che arrivano dal Cile sul neo-campione del Sud America Vidal: il centrocampista della Roja avrebbe trovato un accordo con il Real Madrid, ora i Blancos si affacceranno allo studio di Marotta per strappare un ‘Si!’ che lo stesso D.G. non tarda a definire“Utopico”.

Milan – Giù la cresta: El Shaarawy a Montecarlo “in cerca di nuovi stimoli”

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calciomercato-milan-el-shaarawy-monacoCon la cessione di El Shaarawy il Milan ha definitivamente ‘abbassato la cresta’. Appena due inverni fa si celebrava il tridente delle meraviglie messo assieme dai rossoneri: Niang – Balotelli – El Shaarawy: a quel tempo 63 anni in tre, ed un futuro scintillante tutto dalla loro parte. Il campo però, da sempre giudice supremo nel pianeta-calcio, ci ha raccontato ben altro.

Super Mario è tristemente sparito dalla scena a seguito di un Mondiale così così (a onor del vero dobbiamo dire che in Brasile c’è chi deluse più di lui) esiliato sulle tribune di Anfield Road. M’Baye, dopo appena 32 presenze in due stagioni e mezzo e zero reti, sembra aver trovato una dimensione giusta in Serie A, ma a Genova sponda Grifone. L’unico superstite pareva quindi essere Stephan: talento cristallino da coccolare, tutelare ed aspettare in virtù dei molti infortuni che ne avevano falcidiato l’ascesa. Quando tutto sembrava alle spalle, invece, ecco il finale a sorpresa: Il Faraone lascia Milanello e si trasferisce nel Principato di Monaco.

Gli arrivi di lusso: Bacca, Luiz Adriano, Bertolacci (quasi 60 milioni totali) e le misere partenze: Rami, Bonera, Essien, Muntari, Pazzini (appena 3,5 milioni), facevano presagire un ‘sacrificio’ per arrivare quanto più possibile al pareggio di bilancio, sognando – magari – il ‘Colpo Ibra’. Menez e De Sciglio sembravano essere i più indiziati a fare le valige ed invece, in appena ventiquattro ore, ha preso quota la cessione del numero 92 rossonero. Un affare da 16 milioni di euro complessivi (3 di prestito + 13 di riscatto se giocherà almeno 15 gare) che rientra nel domino scatenato dalla cessione di Arda Turan al Barcellona, con l’Atletico Madrid che ha optato per il belga Ferreira Carrasco, liberando così una casella da esterno offensivo per El Shaa.

Il pubblico milanista, dopo tanta grazia in sede di mercato, si spacca di fronte a questo tipo di operazione tra chi l’italo-egiziano lo voleva pedina cardine del rilancio milanista e chi lo vedeva già bollito dai troppi stop. Quello che stride nel trasferimento sono le dichiarazioni rilasciate non più di quindici giorni or sono dal giocatore: “Credo del Milan e nel nuovo mister!”; alle quali sono succedute quelle del neo-allenatore Sinisa Mihajlovic: “Stephan è un giovane italiano di qualità. È un esterno ma possiamo reinventarlo mezzala, dobbiamo vedere la sua voglia di sacrificarsi”. A questo punto dietro la bocciatura è chiaro che ci siano ragioni tecniche.

Devo ancora realizzare – sono state le prime parole del ventiduenne dopo le visite mediche –. Non è stato semplice prendere una decisione in 24h, ma avevo bisogno di nuovi stimoli. Chissà se i nuovi stimoli di cui era alla ricerca El Shaarawy risiedono veramente in Costa Azzurra. Quel che è certo, per adesso, è che un altro dei pezzi più pregiati della nostra Meglio Gioventù – dopo Verratti – è volato Oltralpe. In un calcio sempre più globale e competitivo, al di là della latitudine a cui si gioca, quel che più deve interessare ai tifosi – in questo caso della Nazionale – è che il ragazzo tornerà a calcare con continuità palcoscenici importanti da subito. In questo senso, la canzoncina della Champions League che risuonerà certamente al Louis II di Monaco può rivelarsi un toccasana cruciale.

Inter – Sfuma il poker: Zukanovic-Samp. “Scelta giusta!”

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CJ4kWilUwAArA1DDoveva essere il quarto tassello per puntellare una difesa nuova di zecca; e invece Ervin Zukanovic – messosi in mostra quest’anno al Chievo – alla fine ha scelto la Sampdoria. La notizia era nell’aria dal 10 luglio, giorno in cui il patron Massimo Ferrero annunciò di aver ‘soffiato’ il calciatore all’Inter che lo trattava da settimane. Oggi è ufficiale. Con il terzino bosniaco che ha svolto le visite mediche in Liguria, trasferendosi poi a Pinzolo, dove in queste ore si aggregherà alla rosa di Zenga.

Ho fatto la scelta giusta – ha commentato a caldo il calciatore – . Dopo aver parlato con il mister mi sono convinto a venire qui. Posso giocare sia da esterno che da centrale. Siamo ambiziosi, puntiamo a fare bene!”. Il repentino cambio di destinazione per Zukanovic va a sopperire il mancato passaggio di Nagatomo proprio dal nerazzurro al blucerchiato. Una permanenza del giapponese a Milano pare, dunque, più probabile di quanto appariva qualche settimana fà.

L’accordo tra Zukanovic e Ferrero prevede un corrispettivo di 3 mln di euro più il cartellino di Fabrizio Cacciatore – pedina assai gradita ai clivensi – (tra l’altro ex Hellas). Questa offerta è stata giudicata ben più vantaggiosa rispetto ai 2,5 mln offerti da Thohir con l’aggiunta di Matias Schelotto. A questo punto, all’incombenza di aprire nuovi scenari di mercato per la corsia mancina nerazzurra, Ausilio dovrà aggiungere il compito di piazzare sul mercato l’indigesto’ esterno italo-argentino, mai affermatosi dalle parti della Pinetina (gol nel derby a parte). Per il nuovo giocatore dei doriani invece, oltre a un contratto di quattro anni, sono già arrivati attestati di stima dai nuovi compagni. Così Silvestre (anch’egli ex Inter): “Lo aspettiamo. Ci darà una grossa mano”.

Il derby di Istanbul si tinge di Orange – Van Persie: “Onorato di essere qui!”

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29D8BC6B00000578-3133620-image-a-11_1434924142748Cosa hanno in comune Manchester e Istanbul? Se la vediamo con gli occhi del pallone, senza dubbio, l’amore per l’Olanda. I creatori del ‘calcio totale’, dopo aver colonizzato la città inglese – sponda rossa – per tornare a far divertire Old Trafford, sono prepotentemente sbarcati nella penisola anatolica e, c’è da scommetterci, divideranno ancor di più il Bosforo dai Dardanelli. Uno dei derby più caldi del pianeta – quello tra Galatasaray e Fenerbahce – vivrà delle fiammate a tinte orange di Sneijder e Van Persie.

ARRIVO – Se il trequartista ex Inter ha raggiunto la Turchia un anno e mezzo fa, sposando la causa del Gala, il connubio tra Van Persie e il Fenerbahce si è consolidato in questi giorni. Svincolatosi dal Manchester United, il bomber di Rotterdam ha rifiutato la corte serrata di molti club (tra cui la Lazio), scegliendo la Turkish League per rilanciarsi dopo un paio di stagioni ‘balbettanti’ (22 gol complessivi dopo i 26 dell’esordio). “Sono onorato di essere qui – ha tenuto a precisare Robin –. Farò tutto quello che è in mio potere per aiutare la squadra a vincere più trofei possibili”. Scelta ponderata e non pensione dorata quindi. D’altronde, le ambizioni del club allenato dal lusitano Vitor Pereira si fondano sull’arrivo già consolidato di un altro ex Manchester United: il portoghese Nani.

RESTO – L’unica variante che potrebbe rovinare lo spettacolo assicurato ai tifosi turchi delle due squadre capitoline è rappresentato da Louis Van Gaal. Il manager dei Red Devils non ha mai nascosto il suo apprezzamento per il 10 del Galatasaray; giudizio per altro corrisposto dal fantasista di Utrecht, che però ha tenuto a ribadire: “Van Gaal è un maestro di calcio, sarebbe fantastico tornare ad essere allenato da lui. A Istanbul però mi sento a casa. – Aggiungendo – Non credo, poi, né che lo United voglia fare un’offerta per me, né che il Galatasaray pensi a vendermi. Resto qui”.

Juventus – Ufficiale: Vidal al Bayern! Il 10 è in arrivo dalla Bundes

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Adesso è ufficiale: la Juventus perde il suo ‘Guerriero’. Direttamente dal sito del Bayern Monaco arriva l’annuncio del passaggio di Arturo Vidal da Torino a Monaco. Il cileno, fresco campione del Sud America con la sua nazionale, lascia l’Italia dopo 4 stagioni per tornare in Germania – da dove i Piemontesi l’avevano acquistato. Calciatore eclettico, capace di combinare al meglio le due fasi, Re Artù ha da subito avuto un impatto devastante sul nostro campionato: 35 gol e 23 assist in 124 gare di A sono un bottino incredibile per qualsiasi centrocampista. Passate le annate scintillanti sotto la gestione di  Conte però, il feeling incredibile tra la Juve e Vidal è parso in ribasso nell’ultima stagione (comunque positiva); il ruolo da trequartista cucitogli su misura da Allegri non ha mai dato la sensazione di calzare a pennello sul casse ’87. Per l’assalto all’alloro europeo, che dalla bacheca bianconera manca dal 1996, è necessario dunque puntare su un ‘vero 10’.

Tutti gli indizi portano ancora lo sguardo verso la Bundesliga. I sogni si chiamano Goetze e De Bruyne (assistman eccezionali già affermati ai massimi livelli), l’obiettivo concreto è invece Draxler (21 anni, talento dello Schalke 04). Il match-winner della Finale Mondiale è in attesa di capire quanto minutaggio è disposto a concedergli Guardiola; al fantasista belga del Wolfsburg è legato il destino del compagno Perisic: difficile che i Vice-Campioni di Germania si disfino di entrambi i suoi maggiori talenti; nel caso in cui l’Inter piazzasse Shaqiri a Gelsenkirchen allora potrebbe prendere quota l’approdo di Perisic in nerazzurro e, a questo punto, la società renanica liberebbe il suo 10 verso Vinovo.

Questo domino tutto italo-tedesco, innescato dai 37 milioni + bonus versati da Rumenigge nelle casse della Vecchia Signora, contribuirà senza dubbio a rimescolare ulteriormente le carte per la lotta-scudetto 1516.


Inter – Il giocattolo offensivo è completo: Jo-Jo atterra e firma domani

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collagePer adesso le note liete dell’estate nerazzurra non sono arrivate dal campo. Infatti, incassate in una manciata di giorni le sconfitte asiatiche contro Milan e Real Madrid, la società del presidente Thohir si conferma tra le Regine del Mercato italiano grazie all’ennesimo ‘colpo’ messo a segno: Stevan Jovetic, la punta che voleva Mancini per completare il reparto avanzato.

La stella montenegrina – salita alla ribalta del grande calcio per merito dei cinque ottimi anni passati alla Fiorentina – era emigrato in Premier League nell’estate del 2013 per consacrarsi. L’avventura al Manchester City, però, più che confermare il proprio indiscusso talento, ne ha sottolineato la fragilità fisica già intravista in Toscana: il ragazzo detiene l’invidiabile record di 630 giorni di infortunio a discapito di un’ancora breve carriera.

A venticinque anni Jo-Jo ha già fame di riscatto e, per saziare questo desiderio, ha scelto l’Inter di Mancini, a sua volta vogliosa di tornare protagonista. La formula con cui Jovetic arriva a Milano è il prestito biennale a 3 milioni di euro con riscatto obbligatorio a 12 milioni; cifre ben lontane dai 30 milioni più il cartellino di Savic che convinsero i Della Valle a privarsene.

Atterrato in Lombardia nella mattinata, il calciatore sosterrà domani le visite mediche e poi firmerà il contratto in sede; appena varcato il gate di Malpensa ha immediatamente voluto tranquillizzare i suoi nuovi tifosi circa le proprie condizioni: “Sto bene! Sono felice di essere tornato in Italia; so che i fan dell’Inter si aspettano molto da me”. Sfumato Salah, in stallo l’affare-Perisic, Il Mancio può consolarsi dunque con un autentico jolly d’attacco capace di ricoprire tutti i ruoli offensivi; una spalla ideale per Icardi, a patto che Jovetic ritrovi e conservi la migliore forma.

Fiorentina – La Viola tira Salah e molla Gomez. Intanto la 10 ha un nuovo padrone

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imageIn casa-Fiorentina gli addii sono all’ordine del giorno. Se la rinuncia a Salah è di quelle che ‘scottano’ al solo pensiero, i “Benservito” ad Aquilani, Pizarro, Vargas e – in ultimo – Mario Gomez non faranno di certo strappare le vesti ai tifosi viola, anzi. Proprio l’ultima cessione, quella dell’attaccante tedesco ai turchi del Besiktas (prestito con obbligo di riscatto a 8 mln), sembra aver ridato slancio alle ambizioni gigliate di riuscire ad avere – finalmente – un bomber in grado di trascinare la squadra verso il tanto atteso salto di qualità.

Proprio in questo ha deluso clamorosamente l’ex Bayern Monaco: arrivato per più di 15 milioni di euro con un ingaggio ben oltre i parametri societari, Gomez non ha mai dato la sensazione di poter incidere seriamente in Toscana; ok gli infortuni che ne hanno spezzettato le prestazioni, ma da un centravanti con quasi 19 gol di media a stagione (prima di Firenze) ci si aspettava di più. Impacciato, apatico, sconnesso dal resto del gruppo; il Franchi ha troppe volte ospitato le scampagnate di un ‘turista tedesco’, anziché le giocate di un cannoniere letale. E dire che alla sua presentazione, due anni fa, erano in 25.000 ad accoglierlo in un caldo pomeriggio di Luglio.

Con il futuro di Giuseppe Rossi perennemente avvolto da un velo di scetticismo, il peso dell’attacco Viola è in cerca di due spalle abbastanza larghe da riuscire a sopportarne l’incidenza. Tutti gli indizi portano a Mattia Destro. Di ritorno da sei mesi tutt’altro che esaltanti al Milan, scaricato dalla Roma, la punta ascolana è alla ricerca di una squadra che gli garantisca minuti e serenità in vista dell’Europeo francese. Destro sarebbe, inoltre, la chiave di volta per sciogliere l’intricata vicenda Salah.

L’egiziano, sbarcato nella Capitale, ha firmato il contratto quadriennale che dovrebbe legarlo alla Roma, nonostante sia ancora vincolato alla società dei Della Valle; se con il Chelsea l’accordo per indennizzare i toscani è stato trovato attraverso il prestito di un paio di giovani, tra Sabatini e Pradè la stretta di mano pare assai lontana. In questo senso anche le parole di ieri del d.g. gigliato Rogg: “Il ragazzo ha un contratto con noi!”. La via legale difficilmente sarà evitata, intanto Salah si allena e attende, con il rischio concreto di uno stop di svariati mesi imposto dalla Fifa.

Intanto una certezza per il presente – e il futuro – fiorentino sarà sicuramente Federico Bernardeschi. Il talento prodotto del vivaio, dopo un’annata segnata da un brutto infortunio, smania dalla voglia di convincere Paulo Sousa a puntare forte su di lui e, fresco di rinnovo, chiede a gran voce la maglia numero 10: “Sono qui da 12 anni. – Ha esordito ‘Il Berna’ il conferenza stampa – Ho sempre saputo cos’è la Fiorentina, una società che mi ha dato molto. Volevo essere sicuro che i progetti miei e della squadra fossero gli stessi e così è stato, non ho mai voluto cambiare. Ringrazio la famiglia Della Valle, ha sempre creduto in me. So che ci saranno tante pressioni, questo numero è stato portato da grandissimi calciatori. Ma è una maglia che mi sento di indossare.  Nessuna presunzione, solo orgoglio. Dopo Antognoni, Baggio, Rui Costa, La Fiesole spera di aver trovato l’idolo giusto a cui affidare la propria passione per i colori viola.

 

Estero – Bayern eterno secondo (almeno in Supercoppa)

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Guardiola ‘stecca’ ancora la finale di Supercoppa alla guida del Bayern Monaco. Per due anni, la squadra del tecnico spagnolo si è dovuta arrendere al Borussia Dortmund; ieri invece, ad alzare il trofeo al cospetto dei più titolati di Germania, è stato il Wolfsburg. I verdi di Hecking si sono imposti 5-4 ai calci di rigore dopo avere retto l’urto bavarese pareggiando il vantaggio di Robben con la meteora bianconera Bentdner. Decisivo l’errore dal dischetto di Xabi Alonso

Esordio amaro (con giallo) per Arturo Vidal con il suo nuovo club, neppure l’innesto dell’infallibile rigorista cileno ha contribuito a controvertire un trend che vede il Bayern perdente – addirittura – nelle ultine tre finali di Supercoppa. Apparentemente sereno Guardiola a fine gare, sotto i riflettori dopo l’indiscrezione che lo vorrebbe il prossimo anno sulla panchina del Manchester City a fronte di un ingaggio da 27 mln annui: “Complimenti ai nostri avversari! – ha dichiarato a fine gara il tecnico catalano – aggiungendo: “Naturalmente Bundesliga, Coppa di Germania e Champions League sono competizioni più prestigiose. Siamo una squadra costruita per vincere però, e questo è un titolo perso purtroppo”.

Lego-Juve: A un passo da Pechino ‘La Vecchia Signora’ continua a perder pezzi

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La Juventus ha abituato tutti, in Italia, ai record più disparati: scudetti, nuovo stadio, punti in classifica, ecc. In questo avvio di stagione, però, il club guidato da Max Allegri ha fatto storcere piuttosto nettamente il naso ai propri appassionati: se le sconfitte in amichevole contro Dortmund e Marsiglia posso essere archiviate come ‘Calcio d’Estate’, ciò che preoccupa – a tre giorni dalla Supercoppa con la Lazio – è il numero crescente di infortuni; ben quattro dall’inizio della preparazione.

Ai nomi già noti di Barzagli (recuperato in extremis), Chiellini e Khedira (oltre 70 giorni di infortunio in due), si è aggiunto nella giornata di ieri Alvaro Morata out un mese. Il forfait della punta spagnola, unico elemento di continuità offensiva con il passato, lancia automaticamente in avanti l’inedita coppia Mandzukic-Dybala (appena 90′ in coppia), con Zaza scalpitante in panchina.

La mancanza di ‘pedine chiave’ per il gioco di Allegri spingerà, probabilmente, il tecnico livornese a puntare su un contiano 3-5-2, peraltro già visto lo scorso anno quando, preoccupato dallo straripante tridente laziale, Il Conte Max optò per una gara accorta e pragmatica limitando al minimo l’onda d’urto di Felipe Anderson e compagni.

Nel frattempo, il capitolo trequartista fa registrare un ulteriore colpo di scena, con Zamparini che ‘sbatte la porta in faccia’ a Marotta per Vazquéz. Il comunicato che ha in oggetto l’interesse bianconero verso El Mudo non lascia spazio a dubbi sulla permanenza di quest’ultimo a Palermo: “Il calciatore argentino sarà uno dei punti fermi della rosa 2015/2016″.

Calciomercato – Milan: La ’13’ torna a parlare romano

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20150811_romagnoli_milan.jpg.pagespeed.ce.Mpaf9vEB6EIn barba alla superstizione! Se c’è da raddrizzare una difesa sciagurata come quella del Milan non si può badare molto né alla cabala, né al portafoglio. La qualità e quella che conta; e Alessio Romagnoli – Under 21 scuola Roma – ha dimostrato di possedere quella stoffa in grado di cambiar pelle ad una squadra estremamente fragile nel reparto arretrato.

Il lungo tira e molla innescato dal neo-tecnico rossonero Mihajlovic, che Romagnoli lo ha avuto lo scorso anno in prestito alla Samp, ha visto uscire vincitore quel ‘Diavolo’ di Adriano Galliani. Il dirigente rossonero ha dovuto mettere in pratica tutte le proprie arti persuasive (in materia di calciomercato) per convincere il 20enne difensore a rifiutare la corte di squadre, come il Napoli, che offrivano un conguaglio maggiore alla Roma. Alla fine l’ha spuntata la voglia del giocatore di seguire il suo mentore Sinisa: “Mi aveva assicurato che mi avrebbe portato con se”, ha dichiarato ‘a caldo’ il ragazzo. Romagnoli è sbarcato a Malpensa nella serata di ieri, firmando nell’immediato un contratto quinquennale, e incassando la benedizione dell’a.d. milanista: “Sei molto giovane e per questo crediamo che tu possa avere tutto il tempo per diventare una nostra bandiera”.

Romagnoli nuovo punto di riferimento per l’intero pacchetto arretrato milanista, proprio come lo è stato da inizio millennio Alessandro Nesta. Occhio però ai paragoni affrettati. Lo storico capitano laziale arrivò a Milanello da campione affermato (26 anni e già 7 trofei vinti), garantendo alla squadra – allora guidata da Ancelotti – la solidità e il carisma necessari per conquistare, tra l’altro, ben due Champions League; tredici anni dopo (un numero casuale?), a Romagnoli si chiede di risollevare lo sorti di un club glorioso assicurandogli stabilità.

La scelta ufficiale del 13 come numero di maglia è sicuramente un segno di personalità ben chiara, senza però perdere di vista umiltà e cultura del lavoro: “Il 46 di Valentino Rossi mi piacerebbe, ma se possibile prenderò il 13 di Nesta. – Aveva anticipato ieri l’ex giallorosso – Sono comunque consapevole che per arrivare ai suoi livelli dovrò lavorare tantissimo”. Se al gesto del numero aggiungiamo il peso di per sé gravoso dei 25 milioni investiti dalla società milanista per aggiudicarselo (per Nesta furono 31 mln), ecco che le aspettative attorno al calciatore si fanno notevoli. Sarà dunque cruciale la fiducia nel calciatore dimostrata da Mihajlovic per far si che il talento capitolino posso esprimersi al meglio. La speranza del popolo milanista, ovviamente, è che a lungo termine valga la seguente proprietà commutativa: ‘Cambiando sponda del Tevere il risultato – per il Milan – non cambia’.

Roma – Dzeko: “Voglio vincere a suon di gol! Qui grazie a due persone”

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203952364-f00895b3-c97a-4501-ab6f-743d4c26d24fLa Roma guarda avanti, in tutti i sensi. In casa giallorossa ci si consola dalla dolorosa – ma remunerativa – cessione di Romagnoli presentando l’ennesimo colpo nel reparto offensivo. Dopo Iago Falqué e Salah, ecco materializzarsi a Trigoria il nuovo 9 capace di far sognare Garcia e i tifosi: Edin Dzeko. Il bomber bosniaco, dopo un lungo corteggiamento, ha finalmente detto ‘sì’ alla Roma, anche grazie alle pressioni di un suo compagno di nazionale: “Seguo la squadra da quando il mio amico Miralem Pjanic è qui. E’ un grande club”.

UOMINI CHIAVE – Oltre al trequartista ex Lione, altro personaggio cardine nell’affare-Dzeko si è rivelato il d.s. Sabatini – definito anche ieri da Balzaretti come “il migliore in Italia al momento nel suo ruolo” -; questo l’attestato di stima dell’attaccante verso il dirigente che lo ha portato nella capitale: “Sabatini mi hanno parlato in maniera entusiasta di tutto, è una società che si pone obiettivi ambiziosi. Voglio ringraziare il Direttore per lo sforzo fatto per acquistarmi”.

SUBITO DERBY – Dzeko è sbarcato sulla sponda romanista del Tevere, nonostante le pressioni di un altro amico, da oggi avversario per via dell’appartenenza ai colori laziali: “E’ vero! Lulic mi ha consigliato di non andare alla Roma. Gli ho chiesto – ridendo – se fosse spaventato. Ora spero di batterlo nel primo derby stagionale contro la Lazio”.

VERSO I FASTI DI UN TEMPO – Sul passaggio in un nuovo campionato: “Non c’è stato nessun problema con Pellegrini. Il mister e la rosa del City restano fantastici. Era semplicemente giunto il momento di cambiare. Qui c’è un bel clima. In Italia si gioca un calcio molto tattico. La Serie A, con gli ultimi acquisti di qualità e gli investimenti nelle infrastrutture, punta ad eguagliare la Premier League.

DRITTO AL TRICOLORE – La chiusura spetta alle ambizioni della squadra capitolina in campionato e al gap con la grande rivale Juventus: “Giocando lo scorso anno contro la Roma in Champions ho capito il potenziale che ha la squadra. Dobbiamo puntare a crescere come abbiamo fatto nei passati due anni al Manchester City.  Con i miglioramenti fatti in rosa possiamo ambire a bissare la buona prima parte di stagione vissuta lo scorso anno e avvicinare la Juve nella lotta al titolo. Sono qui per segnare tanti gol – ha concluso la punta – e vincere trofei”.

Estero – La Premier ai piedi di Sir Claudio Ranieri: il suo Leicester è da record!

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Soccer - Pre-season Friendly - Lincoln City v Leicester City - Sincil BankGuai a chiamarlo ‘eterno secondo’ adesso. A undici anni di distanza dall’addio, quando sedeva sulla panchina di Stamford Bridge, Claudio Ranieri si riprende la Premier League guardando tutto dall’alto al basso. Il suo Leicester City, del quale ha assunto la guida tecnica dopo l’addio di Nigel Pearson, viaggia a gonfie vele in queste prime due gare di campionato, avendo battuto nettamente il Sunderland di Giaccherini all’esordio casalingo (4-2), andandosi a ripetere poi ad Upton Park contro il West Ham di Ogbonna e Obiang (1-2) – giustiziere dell’Arsenal nella gara passata –.

Il marchio di fabbrica di Sir Claudio è il solito: 4-4-2 pragmatico e pratico, esaltato dalle caratteristiche tecniche e dai prati perfetti del Regno Unito. Infatti, nonostante i trofei e i piazzamenti conquistati con Fiorentina, Valencia, Monaco e Roma nell’arco della carriera, i migliori ricordi di Ranieri sono legati al calcio inglese e al Chelsea in particolare: 199 gare passate da manager dei Blues e 107 vittorie, un secondo posto in campionato, una finale di Champions League sfiorata e un esonero – a favore di José Mourinho – che ancora brucia all’allenatore romano.

La rivincita odierna, per uno abituato alle sfide più ardue, è culminata con il periodo di maggior splendore del suo attuale club; le Foxes detengono infatti un singolare record: dallo scorso aprile ad oggi sono la squadra di Premier ad aver fatto il maggior numero di punti – 28 – contro i 21 di Man City e Chelsea e i 20 del Man United. Proprio con i quotatissimi Van Gaal e Pellegrini Ranieri condivide il primato attuale in classifica. La differenza tra le sorprendenti prestazioni regalate dal collettivo dell’italiano e i risultati che i team di Manchester hanno portato a casa in questo avvio va, però, vista al netto dei budget riservati al mercato dai rispettivi club: 98 milioni di euro spesi finora dai Red Devils, 84 mln investiti dai Citizen e ‘appena’ 30 mln dai Filberts.

Anche quest’ultima cifra è destinata a lievitare comunque. La campagna acquisti del Leicester non è affatto terminata e, dopo Benalouane, un altro tassello importante sta per approdare nel Est Midlands dalla Serie A: il capitano della Svizzera Gokhan Inler firmerà nelle prossime ore il contratto che lo porterà a giocare dal San Paolo al King Power Stadium per i prossimi tre anni. Un acquisto di spessore che consentirà a Ranieri, magari, se non proprio di lottare per il titolo, almeno di concludere una stagione importante nei piani nobili della Premier League.


Lazio – Keita, un aquilotto pronto a spiccare il volo

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Keita Baldé DiaoE’ il 77’ di un preliminare di Champions che fin lì ha riservato poche emozioni. Keita Baldé Diao è entrato al 45’ in luogo dell’infortunato Miroslav Klose. Il ventenne spagnolo di origini senegalesi ha portato freschezza all’attacco biancoceleste sciupando però due grosse occasioni, quelle che un killer dell’area di rigore difficilmente sbaglia. E’ il 77’, dicevamo, e Keita con un accelerazione bruciante che ridicolizza la difesa delle Aspirine trasforma una palla innocua in un gol decisivo. La Lazio vince, Keita è l’uomo partita.

REWIND – E’ il 10 novembre del 2013. Si gioca Parma-Lazio, valida per la 12° giornata di Serie A. Petkovic da’ fiducia dal primo minuto a un diciottenne attaccante semi-sconosciuto. Ha vinto la stagione precedente lo scudetto Primavera e può vantare un pedigree importante di ex-canterano del Barcellona, ma pochissimi ne hanno sentito parlare. Keita Baldé Diao ha finora giocato 40’ in campionato, sebbene si sia messo in mostra in Europa League dove ha anche messo a segno due assist contro Legia Varsavia e Trabzonspor. La tremarella dell’esordio da titolare in campionato non lo scalfisce. Lo spagnolo è sfrontato, prova il tiro, sguizza alla difesa ducale, segna. E’ nata una stella. A fine stagione Keita infila 29 presenze condite da 6 gol e 9 assist. Per lui si scomodano paragoni importanti e sui giornali iniziano a fioccare le notizie di interessamenti da parte delle big del Vecchio Continente.

Il cammino del classe ‘95 di Arbucias non è tuttavia privo di ostacoli come pronosticato. Alla Lazio arriva un nuovo allenatore, Pioli, che predica un calcio offensivo, spregiudicato, orgogliosamente verticale. Pioli chiede ai suoi esterni un lavoro importante, con e senza palla, in modo da recuperare la sfera nella trequarti avversaria secondo la migliore tradizione del gegenpressing. Keita ha i mezzi tecnici e atletici per essere perfetto come esterno del 4-3-3 immaginato da Pioli; la sua velocità arma vincente per scardinare le difese avversarie. Può essere un crack, Keita Baldé Diao, ma qualcosa non funziona. Troppo lezioso, Keita fatica ad applicarsi in fase di non possesso. Pioli lo schiera titolare nelle prime due giornate quindi lo accantona. C’è chi dice che lo spagnolo non si applichi al massimo in allenamento, che sia una testa calda e che i senatori della squadra non lo vedano di buon occhio. Quale che sia la verità, Felipe Anderson esplode e Keita cade nel dimenticatoio. Alla fine collezionerà 29 presenze in stagione ma solo 10 dall’inizio e soprattutto 0 minuti nelle ultime 3 decisive partite della stagione, in particolare, il 2-4 al San Paolo che spalanca alla Lazio le porte dell’Europa che conta.

Il Golden Boy della Lazio perde la sua lucentezza e si immalinconisce nell’estate del 2015. Viene dapprima accostato alla Fiorentina, quindi all’Inter, infine al Liverpool ma il patron Lotito con la Champions alla porte non vuol sentire parlare di cessione. Nel frattempo Keita gioca poco in un precampionato disastroso e la sua permanenza sembra più dettata dalla necessità di rientrare negli stringenti nuovi parametri varati dalla FIGC che per scelta tecnica. La miccia si accorcia sempre di più e la bomba esplode il 9 agosto. La Lazio perde malamente la Supercoppa a Pechino contro la Juventus, Keita fa’ ancora 0 minuti ed esce allo scoperto chiedendo la cessione.

Ed arriviamo a quel 77’ di un preliminare di agosto dove la stella di Keita è tornata a brillare. Oggi come ieri il ventenne spagnolo sembra avere potenzialità enormi, tanto quanto i limiti caratteriali palesati da un ragazzo forse troppo presto lasciato da solo alle luci della ribalta. La contemporanea assenza di Klose e Djordjevic consegneranno con tutta probabilità a Keita la maglia da titolare per la prima giornata di campionato, un occasione importante per dimostrare ai tifosi che dopo tutto è ancora lui il futuro della Lazio. Vola solo chi osa farlo…Keita è pronto a spalancare le ali e gettarsi nel vuoto.

di Alessandro Tassone

Genoa – Pandev e i suoi fratelli: Le nuove frecce di Gasperini

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Gradinata NordE’ stata una stagione esaltante quella 2014/2015 per il Genoa. Il sesto posto con 59 punti (miglior risultato dal 2009 targato Milito e Thiago Motta) non è però bastato agli uomini di Gasperini per assicurarsi un posto in Europa che è invece andato ai rivali della Sampdoria. La magra figura rimediata dai blucerchiati contro i serbi del Vojvodina ha alimentato i rimpianti della Gradinata Nord: cosa sarebbe successo se in campo ci fossero stati Perotti & co.? Per rispondere a questa domanda il presidente Preziosi ha messo mano al portafoglio per costruire una squadra che possa di nuovo raggiungere l’Europa. La missione si preannuncia impossible, diventa quindi fondamentale azzeccare sul mercato la carta che fa’ saltare il banco.

Sono cinque gli assi nella manica che il Gasp potrà calare sul tavolo verde della serie A. Iniziamo da quello con il peso specifico maggiore, il macedone 32enne Goran Pandev. L’ex Napoli è reduce da una stagione in panchina con il Galatasaray e ha voglia di dimostrare di non essere ancora bollito. Punta centrale o esterno, Pandev può essere il valore aggiunto dei rossoblù se troverà la forma migliore. I suoi 73 gol in serie A non gli basteranno per assicurarsi il posto da titolare come centravanti, vista la concorrenza agguerrita di un Pavoletti che ha chiuso l’anno con 6 gol in 10 partite. Ecco quindi che il Gasp potrebbe dirottare il talento macedone sulla destra del suo tridente, dove sarebbe libero di rientrare sul sinistro per provare la conclusione oppure innescare i compagni, Perotti su tutti.

Una realtà piccola come quella del Genoa vive soprattutto di plusvalenze. Il presidente Preziosi lo sa bene e anche quest’anno ha rastrellato l’Europa alla ricerca di giovani talenti da valorizzare e rivendere al miglior offerente. Arrivato a parametro zero, Darko Lazovic risponde a pieno a questo identikit. Classe 90’, talentuoso, abile nelle due fasi e in grado di dare del tu al pallone con entrambi i piedi: l’ex capitano della Stella Rossa sembra perfetto per far innamorare il Gasp e dialogare con Perotti. L’incognita principale sarà l’adattamento a un campionato tattico come la serie A, da sempre uno scoglio importante per gli estrosi trequartisti balcanici. Se Lazovic diverrà il nuovo Savicevic o il nuovo Petkovic solo il tempo potrà dirlo.

Se Lazovic è la promessa stuzzicante del Grifone, Diego Capel possiamo invece classificarlo alla voce promesse non mantenute. L’ex gemellino di Jesus Navas nella cantera del Sevilla non ha avuto una carriera all’altezza delle aspettative che c’erano su di lui e, dopo un anno passato in panchina con lo Sporting Lisbona, cercherà di rilanciarsi in serie A. Lo spagnolo non è più giovanissimo, ma ha grande esperienza e talento nel dribbling. Se Gasperini saprà rigenerarlo, Capel potrà ripercorrere i passi di Iago Falque. Il ballottaggio per un posto nel tridente si preannuncia agguerrito e le pause che Capel è solito prendersi nel corso della stagione potrebbero essere fatali per lui.

Non si può avere sempre caviale e fra i tre litiganti che abbiamo elencato, a spuntarla potrebbe essere un nome che sta tenendo un profilo basso. Stiamo parlando di Serge Gakpé, attaccante ex Nantes e Monaco. Il nazionale del Togo non è un goleador (solo 24 gol in 136 presenze con la maglia dei Canarini), né un fenomeno dal punto di vista tecnico ma abbina a una grande facilità di corsa l’abnegazione in fase difensiva. Queste caratteristiche lo rendono particolarmente attraente in partite contro squadre sulla carta più attrezzate, dove l’abilità in contropiede del 28enne di Bondy può rivelarsi devastante. Non stuzzica la fantasia, ma è senz’altro un nome da tenere d’occhio.

Chiudiamo infine con il più giovane della comitiva, il 19enne Olivier Ntcham. Arrivato in prestito dal Manchester City, il francese classe ’96 partiva sulla carta come riserva per un posto nei due di centrocampo. Fisico da corazziere, paragonato a Viera, il giovane Olivier ha stupito tutti con un precampionato da protagonista. Il Gasp non è solito farsi problemi a lanciare i giovani e Ntcham ha esordito alla prima occasione utile, partendo da titolare al Barbera nel ruolo di esterno destro. Malgrado la sconfitta subita negli ultimi minuti, Ntcham è stato uno dei migliori dei suoi, al contrario dei fumosi e inconcludenti Pandev e Lazovic.

Napoli – Hamsik avverte: “Dimostreremo la nostra forza. Giochiamo per vincere!”

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Rivalsa, abnegazione, ambizione. Sono questi i tre dogmi sui quali il Napoli deve fondare la propria stagione, secondo Marek Hamsik, dopo la ‘falsa partenza’ di Reggio Emilia.

Il Capitano Azzurro, dal quartier generale di CastelVolturno, predica calma e invita l’ambiente alla fiducia verso il lavoro intenso che il nuovo gruppo sta svolgendo agli ordini di mister Sarri: Non vediamo l’ora di scendere nuovamente in campo al San Paolo e dimostrare la nostra vera forza. Il nostro stadio ci è mancato in questo periodo; deve tornare ad essere un fortino”.

Sulla sconfitta in Emilia: “Con il Sassuolo eravamo partiti forte, poi ci hanno schiacciato ed abbiamo perso l’equilibrio necessario per controllare la gara; ciò non deve accadere contro il nostro prossimo avversario: la Sampdoria”.

Campionato lunghissimo: “Questo torneo è una maratona – ha affermato lo slovacco ai microfoni di Sport Mediaset – nella quale si può certamente recuperare, anche se perdere punti subito in avvio non è conveniente.

Chiusura sugli obiettivi stagionali: “Nel calcio a questi livelli, come in altri sport, giochiamo per vincere. Naturale quindi che lavoriamo per questo. A fine stagione mi vedrei bene con un trofeo sulla testa”.

In casa-Napoli c’è fame di vittoria. dunque, avvisate – in questo senso – le ‘fresche’ avversarie dei partenopei nel Gruppo D di Europa Leauge: Club Brugge, Legia Varsavia e Midtjylland.

Premier League – Fuga City: Chelsea e Liverpool ‘steccano’ in casa

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“È vero, siamo partiti male in questa stagione. Fortunatamente per noi, però, 5 punti sono un distacco colmabile in Premier League, a differenza di altri campionati. Dobbiamo rifarci immediatamente in casa con il Crystal Palace!”. JM

Questi erano i concetti – chiarissimi – espressi da José Mourinho alla vigilia del derby londinese di ieri che vedeva il suo Chelsea affrontare i Glaziers. Non è andata proprio come voleva lo Special One: i suoi ragazzi sono stati battuti 2-1 a Stamford Bridge, perdendo così ulteriori punti dalla vetta. Difficile ricordare un avvio di campionato peggiore per il tecnico portoghese: 4 punti in altrettante gare. Unica nota positiva di giornata: il primo gol inglese con la nuova maglia di Radamel Falcao, quello dell’illusorio 1-1.

Non siamo ai livelli del Chelsea, ma la prima sconfitta stagionale del Liverpool ad Anfield basta per far storcere il naso ai tifosi. Con la ‘fresca’ partenza di Balotelli, Rodgers pensava di essersi sbarazzato del grattacapo più assillante, e invece lo 0-3 incassato a domicilio dal West Hamm apre scenari comunque preoccupanti per i Reds. Il bad boy di giornata – salutato Super Mario – è stato un altro ex Inter: Philippe Coutinho; il brasiliano si è fatto cacciare nei primi 45′ per un’ingenua doppia ammonizione, complicando ulteriormente una situazione già critica (il Liverpool era già sotto di 2 gol). Neppure il rosso al secondo marcatore degli Hammers, Noble, ha contribuito ad una reazione degna di questo nome, anzi, il terzo gol di Diafrà Sakho ha definitivamente aperto il dubbio su un’altra stagione incolore sulla sponda rossa del Mersyside.

Chi gongola, dall’alto dei suoi 12 punti, è il City di Pellegrini. Il suo Manchester si è facilmente sbarazzato del Watford (2-0), mandando così un segnale forte anche alla Juventus in chiave-Champions. In attesa di conoscere oggi il risultato dello United, attardato adesso di 5 lunghezze, non farebbe poi troppo scalpore parlare di una Premier League virtualmente chiusa anzitempo, checche ne dica Mourinho.

Nazionale – Conte fa tremare i suoi: “L’Italia ai titolari!”

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zaza-immobile-conte-300x208Chiuso il mercato è momento di concentrarsi sul calcio giocato. Archiviate le prime due giornate di campionato – non senza sorprese – è la Nazionale a prendersi la scena; sotto i riflettori il c.t. Antonio Conte e le convocazioni diramate da quest’ultimo. Per le gare con Malta e Bulgaria l’elenco dei calciatori convocati (ben 29) non presenta grandi variazioni rispetto al solito. La situazione potrebbe, però, presto cambiare se i giocatori attenzionati non riusciranno a conquistarsi la titolarità nei propri club. Parola di Commissario Tecnico.

Chi non gioca nelle proprie squadre non può giocare in Nazionale! È una questione anche di rispetto verso chi si dimostra continuo durante l’anno”. Parole chiare, dirette a tutti, pupilli inclusi: “Mi rendo conto che sono passate appena due giornate, la situazione nelle varie squadre è in divenire, però i miei calciatori devono imporsi. Ad esempio Zaza, è approdato in una società importante come la Juventus, con me è sempre stato titolare, ma da ora in poi dovrà essere capace di ritagliarsi il suo spazio. Una condizione che investe non solo il neo-attaccante bianconero. Scorrendo la lunga rosa degli azzurri ci accorgiamo che, in ogni ruolo, sono in molti a rischiare il posto:

In porta Sirigu è stato scavalcato nelle gerarchie del Psg dal tedesco Trapp. In difesa Ranocchia, Pasqual e il fedelissimo Barzagli partono dietro nelle gerarchie dei rispettivi allenatori, stesso discorso per il rampante Rugani (a differenza del suo collega di Under21 Romagnoli). In mediana la sensazione è che ci si dovrà ancora affidare fortemente alle sapienti geometrie dello ‘Zio d’America’ Pirlo, con Marchisio unico intoccabile, e Soriano in rampa di lancio. Mentre in avanti l’abbondanza apparente cela le questioni più spinose: gli unici che al momento sembrano dare garanzie, infatti, sono gli oriundi Eder e Vazquez (il primo segna, il secondo sforna assist), peccato che, anche per quest’anno, entrambi non calcheranno palcoscenici internazionali con Samp e Palermo; nel gruppo delle ‘sicurezze’ ci vanno di diritto Pellè – che continua a fare il suo buon lavoro Oltremanica – e l’ultimo arrivato in gruppo Insigne (tra i più in palla nel nuovo Napoli di Sarri); poi solo punti interrogativi: il tandem che aveva inaugurato alla grande l’era Conte – Zaza-Immobile – ha finora collezionato un minutaggio pari a 9’ in campionato grazie esclusivamente al campano, idem praticamente per Gabbiadini (27′), decisamente meglio El Shaarawy (214′ in 4 gare di Ligue 1). Se poi dovessero mai riabilitarsi i vari Rossi e Balotelli il primo a fare salti di gioia sarebbe proprio il Selezionatore.

Insomma, la situazione offensiva della nostra Nazionale non è delle migliori. In questo senso non aiuta di certo la politica della maggior parte dei club del nostro campionato, se è vero che gli attaccanti convocabili da Conte presenti nelle rose delle 20 di A sono appena 47 (compresi gli stranieri con doppio passaporto) su un totale di 103; oltre il 30% dei quali ha superato i 30 anni e/o gioca in squadre di seconda fascia. Stando alle parole del c.t. quindi, se il trend non cambierà, avremmo più chance di ritrovarci ad Euro 2016 con una coppia gol Quagliarella-Toni rispetto a una Zaza-Immobile.

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